La Cassazione, sez. I, con
ordinanza del 02/05/2022, n. 13809 ha chiarito che “in tema di
concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di
legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non
restando questo escluso dall'attestazione del professionista, mentre rimane
riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio,
che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi
inerenti. Il menzionato controllo di legittimità si realizza facendo
applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità,
revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato
preventivo, e si attua verificandosene l'effettiva realizzabilità della causa
concreta: quest'ultima, peraltro, da intendersi come obiettivo specifico
perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo
dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro
di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi
dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia
pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro”.
Secondo quanto argomentato nell’ordinanza in esame, pur spettando
al Tribunale il controllo di legittimità e ai creditori la valutazione in
ordine alla convenienza economica della proposta, sull’assunto che i creditori
devono poter valutare il piano sulla base di una corretta e completa
informazione (potendo solo così accettare consapevolmente il rischio di un
diverso esito della liquidazione, le sue probabilità di successo e i rischi inerenti), compete al giudice
esercitare sulla relazione del professionista attestatore un controllo
specifico concernente la congruità e la logicità della motivazione ed il
collegamento effettivo tra i dati riscontrati ed il conseguente giudizio (Cass.
SU n. 1521 del 2013).
In sostanza, il compito
dell’attestatore non è quello di attestare genericamente la veridicità
complessiva del piano, ma ciascuna e tutte le componenti che lo integrano (ivi
comprese le modifiche al piano e alla proposta inizialmente presentati). In
questo senso spetta al giudice esercitare il proprio sindacato sulla palese
inadeguatezza dell’attestazione del professionista ad espletare e realizzare la
finalità per la quale è stata contemplata, quella di fornire una corretta
informazione ai creditori.
In altri termini, è ormai
indirizzo prevalente che, pur rimanendo la distinzione tra fattibilità
economica e fattibilità giuridica, ciò non esclude aprioristicamente anche un
controllo del giudice sulla fattibilità economica del concordato.
“E' stato spiegato che la verifica di fattibilità, in quanto correlata
al controllo della causa concreta del concordato, comprende necessariamente
anche un giudizio di idoneità, che va svolto rispetto all'assetto di interessi
ipotizzato dal proponente in rapporto ai fini pratici che il concordato
persegue: difatti - si è detto -, il "controllo circa l'effettiva
realizzabilità della causa concreta" non può predicarsi "se non
attraverso l'estensione al di là del mero riscontro di legalità degli atti in
cui la procedura si articola, e al di là di quanto attestato da un generico
riferimento all'attuabilità del programma". Con la conseguenza - si è
aggiunto - che non è esatto porre a base del giudizio una summa divisio tra controllo
di fattibilità giuridica astratta, sempre consentito, e controllo di
fattibilità economica, sempre vietato (cfr. Cass 7 aprile 2017 n. 9061, nonché, in motivazione, la più
recente Cass. n. 13224 del 2021). Il giudice è così tenuto ad una verifica
diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il
debitore al concordato, e la distinzione appena richiamata vale a chiarire che
il sindacato del giudice sulla fattibilità giuridica, intesa come verifica
della non incompatibilità del piano con norme inderogabili, non incontra particolari limiti, laddove il
controllo sulla fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del
medesimo, può essere svolto nei limiti nella verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del
piano a raggiungere gli obbiettivi prefissati, individuabile caso per caso in
riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la
crisi. In tal senso, allora, resta riservata ai creditori la valutazione di
convenienza di una proposta plausibile, rispetto all'alternativa fallimentare,
oltre che la specifica realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione
per ciascuno di essi, mentre è sempre sindacabile in sede giurisdizionale la
proposta concordataria ove totalmente implausibile (cfr. Cass. n. 9061 del 2017, in motivazione). Su tale posizione si
attestano le successive pronunce di questa Corte (tra cui si vedano, anche
nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 13224 del 2021 e Cass. n. 11522 del 2020), con cui è stato ribadito che al giudice
non possa essere sottratto il controllo circa la fattibilità economica del
concordato, così che il debitore non possa essere ammesso alla procedura ove il
piano si riveli implausibile (cfr. Cass. n. 4790 del 2018; Cass. n. 23315 del 2018) e cioè prima facie irrealizzabile (cfr.
Cass. n. 5825 del 2018)”.
A cura dell’Avv.
Angela Marino